Michele è un trentenne che sopravvive a se stesso, legato ai modelli comuni di vita, un posto fisso che pensa di amare, relazioni occasionali, in simbiosi con tanti coetanei. Vive solo ed è già una gran conquista rispetto a tanti suoi coetanei, ancora in casa con mamma e papà. Da sempre ha un amico del cuore, compagno di scorribande, Federico. Quest'ultimo decide di abbandonare la vita di tutti i giorni, tutta uguale, per scoprire se stesso e uscire da quella gabbia che si è costruito, e parte per un viaggio dove incontra Sophie e inizia a costruire qualcosa con lei. Ma al ritorno temporaneo da questo viaggio, dopo aver esortato Michele a compiere lo stesso percorso interiore perché coglie in lui lo stesso malessere che aveva combattuto lui stesso, Federico muore in un incidente motociclistico.
Michele entra in crisi, ha perso il suo migliore amico, il suo compagno d'infanzia, la sua coscienza e decide, dopo un periodo di apatia, di andare a trovare Sophie a Boa Vista, dove la ragazza, insieme al miglior amico perduto stava aprendo una posada.
Il protagonista impiega alcuni mesi a ritrovare se stesso, scopre mille cose che aveva ignorato o finto di non vedere e torna a casa, reimpostando la sua nuova vita non secondo le convenzioni sociali ma secondo il modo migliore per vivere.
Un libro che mi ha fatto molto riflettere, che mi ha fatto piangere, che mostra apertamente come siamo schiavi delle convenzioni, di quanto non riusciamo da figli a tagliare il cordone ombelicale coi nostri genitori e quanto, da genitori, non sosteniamo i nostri ragazzi nelle loro scelte che possono essere diverse da quelle che avevamo pensato per loro.
Il tutto dal punto di vista di un uomo che sta diventando padre, in un susseguirsi di riflessioni interiori.
Ancora una volta ho apprezzato il modo di scrivere di Fabio Volo.
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