lunedì 27 aprile 2020

Il decretone

E così sono iniziate le grandi manovre di riavvio dell'Italia.
Non so se dettate dal buonsenso o dall'ipocrisia, dalla necessità di ripartire economicamente oppure perché effettivamente stiamo un pochino meglio.
Tutti insieme, anche se alcune regioni sono messe meglio delle altre.
Temo che la possibilità di nuovi, violenti focolai in realtà dove l'affollamento è inevitabile saranno altrettanto inevitabili.
Solo pensando alla mia situazione lavorativa: se solo fossi costretta a rientrare (non pare dal 4 maggio ma non si può mai sapere perché la mamma degli stolti è sempre incinta), farei il viaggio in treno e salgo all'ultima fermata in direzione Milano, in condizioni normali faccio fatica a salire, figuriamoci a tenere almeno un metro di distanza da chi è più fortunato e sale prima di me.
Dalla stazione all'ufficio non ci sono problemi, se non riaprono il mercato del martedì. Ah, no, lo riapre Fontana per la parte alimentare. Perché mangiamo ma le mutande e le magliette non le usiamo.
Va beh, uso la bici.
Poi c'è l'ufficio, un openspace dove siamo lontani mediamente un metro, un metro e mezzo, visto che ci passiamo le pratiche da una scrivania all'altra. E se da casa, facciamo affiancamento via skype, la vedo dura farlo quando lavoriamo nella stessa stanza in otto. Otto. A finestre sistematicamente chiuse, a porte rigorosamente chiuse.
Senza parlare della quotidiana sanificazione. L'azienda non ha ancora superato la crisi, non credo si possa permettere di far fare pulizie "serie" quotidianamente. I presidi ovviamente saranno a carico nostro.
Se li troviamo. Indipedentemente dal prezzo.

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