giovedì 22 agosto 2013

Esagerazioni

Sottotitolo: post lungo.
Che poi il titolo poteva essere anche qualcos'altro.
Dalle chiacchiere con colleghi, amici o compagni di viaggio, in questi giorni stanno nascendo in me dei pensieri.
Dove ci porterà tutto questo correre? A che cosa ci serve tutto quello che compriamo, esibiamo con frenesia quasi maniacale?
Lavoriamo a testa bassa, quando un lavoro ce l'abbiamo, spesso cedendo ai ricatti dei datori di lavoro e annullando decenni di conquiste, in nome di un qualcosa,  che non è il dio denaro, che non riusciamo nemmeno a definire.
Non sappiamo però godere delle piccole cose che abbiamo, un gioco o una chiacchierata coi figli, un caffè con un amico, una serata semplice nata spontaneamente stile "C'è Gigi?".
Gigi chi, vi chiederete. Quello della Cremeria, pubblicità di trent'anni fa circa, quando per andare da un amico non era necessario altro che suonare il campanello e la di lui madre ti invitava a salire in casa e a mangiare un po' di gelato in attesa del suo ritorno. Siamo diventati vittime di false regole di vita, dove il campanello (citofono) non viene più suonato ma ci si chiama al cellulare per dire "sono qua sotto, scendi tu o salgo io?" ma ci si parla tramiti asettici sistemi quali social network o sms o chat. Il telefono fisso non viene quasi più usato se non dai nostri genitori, il cellulare fa di tutto e non riconosciamo quasi più la suoneria. Non riconosciamo più la voce dei nostri amici perché non la sentiamo più.
Godere delle piccole cose fa di noi all'apparenza dei perdenti, secondo i canoni della vita moderna, non basta più un amaro al carciofo per combatterne il logorio. Se non hai un obbiettivo alto e altisonante, se non hai più aspettative del tuo vicino o del tuo odiato parente, sei un inetto, se va in vacanza nella pensione famigliare sei un modesto, dove modesto è uguale a mezza calzetta senza alcuna ambizione.
Tutti giudichiamo, per carità, perché nel momento in cui ci facciamo un'idea, questa equivale a opinione, giudizio ed è praticamente impossibile farne a meno. Fa parte della natura umana, sennò saremmo un gruppone fatto da milioni di persone nello stile hippy "volemose bene" ed è impossibile. Nel momento in cui decidiamo che quella tal persona mi sta simpatica o antipatica, ho scelto di frequentarla o di non frequentarla ed è la conseguenza del "giudizio". La differenza sta nella condanna definitiva senza possibilità di appello verso chi non è esattamente come vogliamo noi. La differenza sta anche  nel volere omologare tutto e tutti senza riconoscere le differenze. Posso pensarla diversamente da te ma rispetto comunque il tuo pensiero è uno stile di vita ormai sepolto nel passato, perché ora si tende a isolare a prescindere chi non la pensa come la massa, chi è diverso, chi ha un'individualità ma non è individualista.
E abbiamo sempre più paura ad esprimere i nostri pensieri alla luce del sole, pavidi e codardi umani, apparentemente acculturati da anni di studi, che fanno di noi in realtà esseri privi o scarsamente dotati di spina dorsale.

E tutto questo ci rende molto più soli, fragili, incapaci di vivere con serenità la vita.
Come a dire, si stava meglio quando si stava peggio.

2 commenti:

  1. già... ma fino a quando, anche solo uno, sarà fuori dal coro, nella sua individualità... allora c'è speranza!!! x questa nostra Italia, x questo nostro Mondo...
    A, Ct.

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  2. Già ... l'ultima frase dice tutto.
    mandi biele y ... hasta luego !
    Marilena

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